Italia, sos randagismo

Dopo la "riapertura" post lockdown la situazione precipita...
Il 26 agosto si è celebrata la Giornata Mondiale del Cane, occasione perfetta per parlare di un problema, quello del randagismo, dai numeri allarmanti. A livello globale si parla di 900 milioni di cani, di cui 200 milioni sono randagi secondo le stime dell’Oms. E in Italia qual è la situazione?

I dati del 2020 condivisi dal ministero della Salute registrano 76.192 ingressi in canili sanitari, 42.665 in canili rifugio e 42.360 adozioni di cani randagi. Ma, come riporta Lastampa.it, il numero di quelli fuori dalle strutture sarebbe decisamente più alto: nel 2019 si parlava di 500-700mila cani randagi. Il fenomeno è diffuso soprattutto in alcune regioni, dove abbondano colonie di animali vaganti e dove gli abbandoni degli amici a 4 zampe si intensificano nel periodo estivo o in concomitanza con l’apertura della stagione di caccia.

Il fenomeno del randagismo è drasticamente peggiorato dopo le riaperture che hanno fatto seguito ai lockdown per Covid: durante la chiusura in tantissimi hanno adottato cani e gatti per poi, però, liberarsene troppo in fretta. Oggi il problema dovrebbe interessare tutti, non solo chi ama gli animali, visto che il costo ricade sulle tasche di tutti gli Italiani. Su Facebook il deputato di Italia Viva Michele Anzaldi fa sapere: “Ogni cane ospitato nei canili ha un costo di circa 7mila euro all’anno, solo nel 2020 ci sono stati circa 120mila nuovi ingressi per un costo totale stimato di 840 milioni di euro. In Italia si stimano circa 500-700mila cani randagi, se tutti fossero ospitati nelle strutture dedicate avremmo un costo per gli enti pubblici tra i 3,5 e i 5 miliardi di euro all’anno. Per questo è urgente trovare una soluzione. Nella passata legislatura avevo presentato una proposta per tassare i cani che non vengono sterilizzati, in modo da ridurre il numero di nuovi nati che poi, in gran parte, finiscono inevitabilmente a ingrossare le file del randagismo, soprattutto al Sud. Era, appunto, una proposta, ce ne sono delle altre. Di certo non possiamo permetterci di lasciare le cose come stanno, con il rischio che intorno all’accoglienza dei randagi si crei un business malato, a spese pubbliche, sulla pelle dei cani stessi, costretti per mesi e mesi, se non addirittura per tutta la loro vita, in una condizione di vera e propria tortura”.