Animali "senza casa", l'inchiesta

Per le strade, nelle “case sbagliate” o nei rifugi c’è un mondo per molti sconosciuto...

Cani e gatti vanno all’asilo e si fanno belli nelle spa. La medicina veterinaria va sempre più specializzandosi e nascono figure come lo psicologo per cani e gatti, l’osteopata mentre esperti di benessere e fitness sono sempre più richiesti. Non solo. Ora gli animali possono seguirci al lavoro (come nel caso di Unicredit che ha aperto le porte ai cani dei dipendenti) o in ospedale. Un crescendo che arriva fino a oggi e parte dal Trattato di Lisbona del 2009 quando è stato sancito che nella Comunità Europea gli animali sono soggetti di diritto in quanto esseri senzienti, postulandone la piena dignità ontologica e giuridica. Eppure, al di fuori di questo “mondo dorato” che riguarda i più fortunati tra i cani e i gatti di casa, gli animali bisognosi sono ancora moltissimi e muovono fitte reti di associazioni e volontari che, tra tanti progressi, cercano di sistemare quello che ancora non va sotto l’aspetto istituzionale e culturale. Avere un quadro di questo “mondo”, per certi aspetti sommerso, non è facile e la situazione italiana, con le sue differenti realtà, non aiuta, ma cerchiamo di muoverci con ordine, fornendo qualche dato.

All’inizio della catena: gli abbandoni

Secondo l’ultimo rapporto della Lav (Lega Anti Vivisezione) e le stime dell’Associazione Gaia Animali & Ambiente, attiva su tutto il territorio nazionale, ogni anno in Italia vengono abbandonati una media di 80mila gatti e 50mila cani, più dell’80% dei quali rischia di morire di stenti, per incidenti stradali o a causa di maltrattamenti. Per avere un’idea più chiara del fenomeno basti pensare che si stimano 32,5 mila abbandoni in tre mesi, ovvero circa 11 mila al mese, 356 al giorno, 15 ogni ora, uno ogni 4 minuti circa e il Sud Italia, purtroppo, si conferma fanalino di coda nelle politiche di prevenzione.

Randagismo, canili e lager

Dall’abbandono al canile, il passo è breve. Nonostante i dati del rapporto Lav sul randagismo individuino un miglioramento rispetto agli anni passati, portando almeno il Settentrione sulla strada dei paesi del Nord Europa (dove il randagismo è quasi debellato) i cani denutriti, malati, chiusi a vita in gabbie miserabili sono ancora moltissimi, soprattutto al Sud. Tra gli illeciti più frequenti si registrano box sovraffollati, scarsità di cibo e acqua, strutture fatiscenti o carenze igienico-sanitarie. Si parla anche di maltrattamenti, elevata mortalità dei cani e di soppressioni mascherate dalle Asl. O, ancora, di reati contro l’ambiente e la pubblica amministrazione, distrazioni e truffe. Secondo il presidente dell’Associazione Gaia Animali & Ambiente, Edgar Meyer, tra le cause ci sono le cifre dell’abbandono e l’incuria di molte amministrazioni comunali.

Il circolo vizioso dei rifugi lager

Approfittando dell’incapacità delle amministrazioni locali e dell’assenza di strutture pubbliche, spiega Meyer, alcuni privati hanno fatto fortuna grazie a convenzioni con i Comuni. Aggiudicandosi la gestione dei randagi con gare d’appalto al ribasso d’asta, cui corrispondono spesso strutture fatiscenti, i gestori di improbabili rifugi o canili privati possono contare su un contributo che va da 2 a 5 euro al giorno per ogni cane ma spesso sono cifre troppo basse per sistemazioni adeguate e cure, soprattutto considerando che nel settore prosperano anche persone senza scrupoli che mirano al massimo lucro, non si curano del benessere degli animali e li ospitano in veri e propri lager in cui è impedito l’accesso a chiunque e dai quali i cani non usciranno mai.

E i gatti?

Più fumosi sono i dati che riguardano gatti e colonie feline. Si stimano 85 gattili al Nord, quasi inesistenti al Sud e nelle Isole (che ne registrano appena 7) dove si rileva anche una scarsa attenzione verso le colonie feline (8.039 colonie registrate contro le 54.939 del Centro-Nord) e verso le campagne di sterilizzazione dei gatti. «Stiamo facendo passi avanti – commenta il presidente dell’Associazione Gaia Animali & Ambiente, Edgar Meyer. Al Nord il fenomeno dei cani vaganti è quasi debellato ma dobbiamo continuare a lavorare soprattutto in Meridione: controlli e prevenzione in primis assieme a politiche di adozione e gestione responsabile degli animali».

Canili, le eccellenze non mancano

Mentre gran parte del Belpaese è costellato di canili fatiscenti, alcuni comuni hanno realizzato strutture d’avanguardia, vicine al concetto del Parco canile, un luogo dove gli animali hanno ampi spazi, sono seguiti costantemente e possono fare attività fisica o percorsi mirati. È il caso di Genova e Milano ma non solo. Anche altri piccoli comuni come Pozzo d’Adda e Arese. E i gatti? Anche per loro crescono soprattutto al Centro e Nord strutture che superano l’idea del vecchio “gattile” come l’Ospedale di Cesena e il rifugio di Garbagnate.

Le adozioni prima e dopo il Covid19

Uno dei pochi settori “sollevati” dalla pandemia da Sars-Cov2 sembra essere quello delle adozioni. Se nelle annate precedenti si stima che siano stati adottati 45.063 cani, pari al 31,4% della popolazione canina in rifugio, con un picco del 50% al Nord, dopo il 2020 si registra un vero boom, anche per i gatti. Nell’anno dei lockdown, l’Ente Nazionale Protezione Animali (Enpa) ha trovato casa in Italia a 8100 cani e 9500 gatti, oltre il 15% in più rispetto al 2019, per un totale di 17.600 animali domestici. Carla Rocchi, Presidente nazionale Enpa, l’ha batezzato “il piccolo miracolo di questa pandemia”, alludendo anche al caso di Monza, dove il rifugio Enpa a dicembre è rimasto vuoto.

Il problema delle staffette

In un giorno di febbraio che sarà sempre ricordato come un brutto momento di lutto nazionale, un furgone che trasportava cani e gatti dal Meridione alla cittadina di Melegnano, consueto punto di arrivo delle staffette che dal Sud portano gli animali tra le braccia delle loro nuove famiglie, è stato coinvolto in un tremendo scontro con altri due camion. Hanno perso la vita due volontari, Elisabetta Barbieri, collaboratrice dell’Enpa e Federico Tonin, oltre ad un cucciolo di pastore tedesco. Gli altri animali l’hanno vista brutta, molti sono stati sbalzati fuori dal camioncino e sono stati ritrovati molte ore dopo, anche in tarda notte, grazie all’aiuto dei tanti volontari in soccorso. La vicenda ha reso di pubblico interesse un annoso problema che preoccupa e anche divide il mondo degli animalisti, quello delle cosiddette “staffette”.

Di che si tratta?

Con le cosiddette staffette si trasportano animali in tutta Italia, principalmente dal Sud o dalle isole al Nord, per consegnarli alle famiglie che li scelgono attraverso social network o contatti a distanza. «Certo non risolvono i problemi del randagismo e delle adozioni ma salvano la vita a moltissimi cani e gatti – commenta Meyer. Permettono di collegare e fare da ponte tra due differenti realtà italiane e di creare delle reti di aiuto a livello nazionale. Questo però non significa che non ci siano problemi da risolvere. È importante che le staffette vengano organizzate da persone competenti con mezzi omologati per il trasporto di animali e con tutti i documenti in regola. Le associazioni e i volontari indipendenti dovrebbero sempre attenersi ai protocolli. Di certo, poi, esiste un problema alla radice che parte dalle istituzioni e riguarda le campagne di sterilizzazione, i canili e la registrazione degli animali all’anagrafe».

Asl, chip e welfare degli animali

«Oggi solo in Lombardia – continua Edgar Meyer – la chippatura del gatto è obbligatoria, dal 2020. L’obbligo di iscrizione del cane all’anagrafe canina vige dal 1991, ma in diverse, tante, parti d’Italia non si adempie a questa legge, privando gli animali della loro “carta d’identità”. Oltre ad essere fuorilegge, così facendo non si tutela il proprio animale. In diverse città per ovviare al problema dei costi sono state promosse giornate o addirittura mesi della micro-chippatura gratuita anche se la registrazione degli animali è una presa di responsabilità che dovrebbe rientrare nelle valutazioni anche economiche che tutti facciamo prima di adottare un cane o un gatto».

I progetti per una società a misura di animali

In Italia si è assistito negli anni alla nascita di una serie di uffici che, all’interno delle amministrazioni dei vari Comuni, si occupano a tempo pieno di animali. Sono uno “sportello” per i proprietari di quattro zampe, per le associazioni di volontariato, per i cittadini che necessitano di informazioni ma sono anche un ottimo strumento per la tutela di questi nuovi “cittadini a quattro zampe”. Il primo è sorto a Roma nel 1994. I cittadini possono ricevere informazioni sulle leggi, inviare richieste d’aiuto ma anche segnalare i casi di maltrattamento, smarrimento e abbandono.