Turismo ispirato ai felini: ecco qualche idea

Da Istanbul alla nostra Italia, passando per la Florida...

Al largo delle coste giapponesi esiste una piccola isola abitata esclusivamente da gatti. Dall'altra parte del mondo, invece, a Key West, nel sud della Florida la casa museo di Hemingway ospita oltre sessanta mici, tutti discendenti da quelli che erano dello scrittore. Poi ci sono le "città dei gatti": Istanbul, Parigi e la nostra Roma... In ogni angolo cittadino di queste meravigliose metropoli si trova qualcosa che i mici, durante il corso della storia hanno lasciato per noi. Ma non possiamo dimenticare anche le isole greche, dove migliaia di gatti soggiornano, godendosi persino le più belle spiagge. Là, tra quelle acque cristalline, i piccoli felini sono quasi un'istituzione. Amati da ristoratori, negozianti e turisti, fanno parte della cultura e della società a tutti gli effetti. Se invece ci piace pensare a mete più esotiche, una è obbligata: l'Egitto naturalmente. Le statue della dea Bastet, le mille ricostruzioni dei gatti dei faraoni e i guardiani felini che oggi sorvegliano città, piramidi e persino la Valle dei Re renderanno il nostro viaggio indimenticabile. Per chi invece non ha tanto tempo o preferisce dedicarsi a dolci, cibo e caffè, a Londra ci sono diversi “Pet’s Dinner” che propongono tavole imbandite per gli amici fidati, per tutte i gusti e tutte le tasche, da semplici colazioni a base di crocchette fino a menù di tre portate e oltre serviti in ciotole d’argento. Fra tutti il  Lily's Kitchen Diner, un ristorante gourmet sotto al Big Ben dedicato a cani e gatti. A Berlino invece ha aperto  Pets Deli dove c’è c’è la più grossa area cani e gatti di tutta la città. Il Toutou bar di Bruxelles propone ingredienti tutti biologici e anche menu vegetariani. Per i gatti invece a Torino c’èil Neko Cafè e a Milano il Crazy Cat, sulla scia dei Cat Cafè molto in voga in Giappone, a Vienna, Berlino, e a Parigi.

Nella casa di Hemingway

Immersa tra le palme e i fiori esotici più belli, in quel puntino di terra chiamato Key West che se non fosse legato alla Florida da un ponte, sarebbe un'isola caraibica a tutti gli effetti, c'è una casa, anzi una villa, oggi museo, voluta a tutti i costi e fatta ristrutturare su misura da Ernest Hemingway nel 1928. L'autore del ''Grande Gatsby'' aveva due passioni immense, oltre alla scrittura: le piscine e i gatti. Quanto alla prima, meno interessante, giustifica la cura con cui vennero selezionati architetti famosi in tutto il mondo per la costruzione della meravigliosa vasca climatizzata che si trova tuttora in perfette condizioni nel giardino della casa, sulla seconda, invece, si potrebbe scrivere un intero romanzo. A coronare un desiderio che Hemingway aveva fin da piccolo, ovvero quello di avere un gatto, rilassante e perfetto per accompagnare lunghi pomeriggi di studio, arrivò Snow White, Biancaneve, una micia dolcissima ricevuta in regalo dal capitano di una nave. Segni particolari? Sei dita per zampa. I cuccioli dei suoi cuccioli sono ancora lì, nel giardino di Key West: 56 discendenti, 23 dei quali polidattili, ovvero, con un numero superiore di dita in una zampa. Quotidianamente vengono curati e coccolati dallo staff che gestisce la Casa Museo di Hemingway; alcuni sono liberi in giardino, altri preferiscono dormire sulle poltrone nelle stanze, altri ancora, vengono curati da un team di veterinari all'interno di gabbie-casette. C'è persino il "cimitero dei gatti", in cui pietre colorate con il nome ricordano tutti gli amici a quattro zampe passati per questo luogo. Nella vita dello scrittore e della sua bella dimora, infatti, di piccoli felini ne sono passati tanti e ognuno di loro ha o ha avuto un nome importante. Il più grosso di tutti, ancora vivo, si chiama Dorian Grey. Ha una bella chioma da leone color grigio perla e quando ci sono troppi turisti si nasconde laddove sa di poter ronfare indisturbato. C'è stata anche Marilyn Monroe, bellissima e sinuosa come la diva di Hollywood. E poi Mark Twain ed Emily Dickinson, Ava Gardner e James Joyce. Edgar Allan Poe, Errol Flynn, Susan Hayward, Pablo Picasso e Simone De Beauvoir. Persino una Sophia Loren con occhioni scuri e profondi in onore del Bel Paese. Molti di questi, quasi tutti, con quel "pollicione in più che li mise anche al centro di una vera battaglia legale. Che lo scrittore amasse i gatti, è risaputo. Ad un micio in piazza dedicò persino uno dei suoi primi racconti: ''Gatto sotto la pioggia" ("Cat in the Rain"). E i gatti sono protagonisti, ancora oggi, sulle tendine all'uncinetto delle finestre o nelle porcellane conservate accanto alla macchina da scrivere. E poi in soggiorno, con i gatti francesi in cristallo di piombo Lalique che Pauline regalò al marito per il loro anniversario, fino alla camera da letto, con il panciuto gatto in ceramica firmato da Pablo Picasso, altro grande appassionato di felini.

L'isola dei gatti

Ad Aoshima i gatti fanno da padrone. Un’armata felina domina l’oasi giapponese, battezzata non a caso “l’isola dei gatti”. Basta la matematica per farsi un’idea: la proprozione tra abitanti e gatti è di 1 a 6. Gli esseri umani sono appena 22, per una popolazione di mici che supera i 120 esemplari. Grazie a questa inusuale caratteristica, Aoshima è meta ogni anno di migliaia di turisti, pronti a tutto pur di essere circondati dalla parata di gatti. Originariamente introdotti per cacciare i topi che affliggevano le barche dei pescatori, i gatti rimasero su Aoshima e si moltiplicarono.  Aoshima, a 30 minuti di traghetto al largo della costa della prefettura di Ehime, era la patria di 900 persone nel 1945. Tuttavia, dopo la Seconda Guerra Mondiale, vi fu un’ondata di migranti in cerca di lavoro nelle città sulla terraferma. L’unico segno di attività umana oggi è la barca di turisti che ogni giorno giunge ad Aoshima per visitare quella che è conosciuto localmente come “neko shima”, “Isola dei Gatti”. I gatti di Aoshima non sono troppo esigenti, sopravvivono con onigiri (polpette di riso), barrette energetiche o patate che portano i turisti. In assenza di predatori naturali, si aggirano sull’isola come veri dominatori. Il Giappone non è mai stato immune al fascino felino. Basti pensare che il Sol Levante è patria del noto personaggio Hello Kitty, e che il gatto è simbolo di fortuna (Maneki Neko).

Le città italiane

Sono Roma, Torino e Napoli le città più gattare d’Italia. Lo rileva lo studio «Animali in città» di Legambiente. Oltre a colorare i quartieri e le strade con a loro bellezza, sono in atto, proprio in questi centri urbani, diverse politiche per la tutela e il controllo della loro salute. A Roma ci sono 4.415 colonie e 55.725 gatti, a Torino 1.424 colonie e 26.000 gatti e a Napoli 1.242 colonie e 12.008 gatti. Poi c'è Milano con 700 colonie e 7.000 gatti. In ogni caso, per chi ama il turismo felino e desidera, cogliendo l'occasione, dare una mano a tantissimi volontari impegnati nel recupero dei mici abbandonati, Roma offre un turismo felino "sociale" davvero suggestivo: tra le rovine più antiche in compagnia di gatti di tutte le età e colori. Ad Arquà, invece, in quella che fu la casa del Petrarca, è conservata imbalsamata l'amatissima gatta del poeta. Si dice, infatti, che la volle sul suo grembo al momento della morte, nel 1374. 

Istanbul, la città dei gatti

Un tempo era la grandiosa Costantinopoli, prima ancora Bisanzio. Si tratta di una città incredibile perché è una delle poche al mondo, forse l'unica, che conserva, tutte raccolte, molte anime distinte: una greca, che vive nella terra e nella cultura, un'altra bizantina, che anima mosaici talmente belli da sembrare vivi, una islamica, che viene ricordata ogni giorno dalla chiamata del muezzin all'ora della preghiera. Tutto qui? Niente affatto. C'è anche l'anima felina, capace di catturare il cuore e l'obbiettivo di un infinito numero di turisti. Non tutti lo sanno ma la splendida città turca, soprannominata "Cat city", è anche nota per il suo essere "a misura di gatto". Questo vuol dire che non solo nel quartiere di Nisantasi, famoso per ospitare rifugi e spazi pronti ad accogliere i randagi che lo popolano, ma in ogni via, palazzo o moschea, biblioteca, libreria, caffè o ristorante, mici di ogni forma e colore circolano indisturbati, sentendosi, probabilmente, i veri padroni di ogni angolo. Il guardiano di Aya Sofia, la basilica simbolo della città che fu prima cattedrale cristiana di rito bizantino, poi cattolica, poi moschea e oggi è un museo, è un tigrato bello grasso che solitamente dorme sulle sculture del retro, quando non è troppo impegnato a firmare autografi ai turisti. Nel 2009 proprio lui è diventato una star grazie a una fotografia che ha fatto il giro del web e lo ritrae in compagnia del Presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama. In ogni caso non è l'unico vip del monumento: c'è una colonia di venti gatti che girano, tra dentro e fuori, tutti iper fotografati da visitatori provenienti da tutto il mondo. Proprio di fronte a Santa Sofia, c’è poi la Moschea Blu, una delle più belle costruzioni del mondo ottomano, nota per il suo sfarzo e la gigantesca cupola blu, appunto. Anche qui , ad accogliere i turisti, ci sono diversi gatti e la cosa buffa è che alle ore dei pasti si assentano per andare a mangiare nella grande piazza di Sultanahmet, dove alcune volontarie portano sacchi pieni di cibo.

Tra spezie e colori

Un po' fuori dal centro turistico della città, dove la collina sale un po' per dare spazio alle vedute dall'alto sul Bosforo, il canale che divide la parte europea della città da quella asiatica e che un tempo fu crocevia di importanti commerci, c'è un quartiere popolare, in cui ci si immerge nella parte più verace della vecchia Costantinopoli: è la zona del bazar delle spezie. Il luogo è colorato e ricco di profumi che riportano la mente ad allora, quando mercanti e artigiani, esponevano zafferano di mille sfumature, cumino, curry, the, erbe magiche e preparati per infusi portentosi. Ecco, pare che proprio quelle vie, piccole e antiche, fossero il primo posto scelto dalla popolazione felina che si insediò a Istanbul. Per la precisione, amavano stare nel retro delle botteghe che danno su questo mercato, aspettando avanzi e dormendo sui sacchi di polveri colorate, quando non trovavano un tappeto. Secondo la tradizione, proprio così, dalle pennichelle sui sacchi di spezie, sono nati mantelli particolari come i tricolore o le squame di tartaruga. Oggi, i gatti in questo quartiere sono sempre meno per due motivi: la folla di turisti ha causato lo smantellamento dei loro nascondigli prediletti e il mare, proprio lì sotto, a qualche balzo di distanza, li ha invogliati a cercare pappa tra i ponti famosi per ospitare ottimi ristoranti di pesce e in cui, nel pomeriggio, qualche autoctono pesca cefali, chiacchierando in compagnia.