Gatto, nuove scoperte sul suo Dna

Sempre più amato e... studiato!
Uno studio pubblicato su Nature Ecology & Evolution ha suggerito che i gatti abbiano vissuto per migliaia di anni a fianco dell’uomo prima di concedersi. E in ogni caso non ne sono stati molto influenzati. Dall‘analisi del Dna di esemplari vissuti fino a 9 mila anni fa i ricercatori hanno scoperto che rispetto ai gatti selvatici non c’è stato quasi nessun cambiamento, fatta eccezione per l’introduzione delle tipiche striature del gatto soriano, che risale al Medioevo.

In tutto il primo periodo di avvicinamento verso di noi, i gatti sono stati solo dei commensali. In un momento in cui l’agricoltura prendeva piede e i topi ne avevano approfittato, anche i gatti trovavano conveniente la vicinanza. Non sono stati selezionati, come il cane, per svolgere compiti specifici, non era necessario cambiarli. Svolgevano il loro lavoro alla perfezione e ci liberavano dai roditori. E sono stati loro ad aver deciso di farsi addomesticare avvicinandosi a noi. Anche se in realtà non ne avevano alcun bisogno perché mangiavano già a sufficienza.
Essendo così geneticamente identici ai loro antenati, anche il loro cervello non deve essere molto cambiato. Ma i gatti selvatici sono animali solitari che comunicano coi loro simili in modi sottili, soprattutto attraverso messaggi chimici e visuali. Anche i nostri dunque, pur avendo imparato ad avere più rapporti con noi, hanno mantenuto quel carattere. E non è difficile capire perché la nostra natura sociale che ci porta ad strofinarli, prenderli in braccio, stringerli confligge con la la loro, che si dimostrano a volte infastiditi. A volte è meglio fare in modo che ci accarezzino loro, di loro spontanea volontà, strusciandosi sul nostro corpo.

Gatto, la convivenza perfetta
Per migliorare la convivenza è meglio tenere presente queste loro caratteristiche. Si può migliorare la situazione solo se si agisce quando i gattini hanno tra le due e le sette settimane, quando è più facile farsi accettare e farli abituare alle nostre effusioni, ricordando sempre che i gatti reagiscono in modo molto preciso anche alla nostra personalità e al modo in cui li tocchiamo. E’ meglio sempre procedere per gradi e non partire con grande entusiasmo, e controllare le reazioni. Quasi come se si chiedesse il permesso di fare qualcosa che annoia ma può essere anche accettato. Non è detto però che anche il gatto che accetta le coccole sia poi felice, e se il suo livello di stress aumenta il suo comportamento può diventare aggressivo nei confronti sia dell’uomo che della casa. Per avere successo dunque meglio imparare alcune strategie e leggere i segnali. Quando si decide di toccare un gatto è sempre bene permettergli di scegliere sia dove, sia per quanto tempo. L’ideale è aspettare che venga lui a strofinarsi, non coglierlo all’improvviso, essere delicati. Un punto particolarmente piacevole sono le regioni del muso che corrispondono alle ghiandole anteriori sotto alle guance, la base delle orecchie, il sottomento.

Gatto, il benessere
E’ fondamentale anche controllare il suo stato di benessere, che per altro viene manifestato da manifestazioni che possono essere facilmente lette: la coda viene alzata e usata per un primo contatto e poi viene mossa delicatamente da lato a lato. Si sentono le fusa, fa la “pasta” con le zampe anteriori. Le orecchie vengono tese e spostate verso l’avanti. Se smettete e vi da una piccola spinta, significa che vuole continuare. Se qualcosa va invece storto lo si potrà notare se allontana la testa da voi, oppure se resta passivo senza fare le fusa. Un avviso negativo viene espresso anche leccandosi il naso, o scuotendo la testa e quando si lecca in modo nervoso. Se la schiena si incurva allora la situazione diventa insostenibile. Meglio allontanarsi. E di nuovo la coda può essere un buon indicatore: se passa velocemente e in modo insistente da una pare all’altra, significa che c’è del nervosismo. Anche orecchie piatte e girate all’indietro indicano malessere. Infine, se non avete capito i messaggi, il gatto inizierà a mordere e a darvi zampate. In generale basta un po’ di sensibilità e soprattutto è necessario imparare a rispettare i confini di un animale che, in fondo, non ci apparterrà mai del tutto.