Poca attenzione al benessere animale dalla Regione Umbria

Cani a catena, cucce fatiscenti, box angusti, poche sterilizzazioni: il quadro descritto dall’Enpa su Facebook e confermato anche da comuni cittadini è piuttosto allarmante

«In Umbria gli animali sono tenuti male»: è questa l’opinione dell’Enpa di Terni che su Facebook denuncia una scarsissima attenzione nella Regione nei confronti del benessere animale. Le parole usate dall’associazione sono molto dure e confermate anche da comuni cittadini che senza perdere tempo hanno commentato sotto al post, esprimendo il loro sdegno per la situazione. Lo scrive Kodami.it.

«In questi giorni di vacanze molti turisti sono venuti a passare dei giorni in Umbria – scrivono i volontari – I nostri borghi sono bellissimi, i paesaggi da cartolina, le Cascate una meraviglia e potremmo continuare all'infinito… ma arriva la nota dolente: gli animali sono tenuti male. Cani a catenacucce fatiscentibox angusti, acqua se presente verdastra, gatti lasciati liberi di riprodursi e di morire e anche qui potremmo continuare».

 

Descrivendo uno scenario dove protagonista assoluta sembra essere la trascuratezza, l’Enpa si pone una domanda, chiaramente retorica: «Ci chiediamo: ma è possibile che i residenti e le autorità dei luoghi non si accorgano che le persone che vengono da fuori si rattristano e passano il loro tempo a cercare aiuto per poi andarsene con il magone per quello che vedono? Non lasciamo un bel ricordo e sicuramente non la voglia di ritornare» cercando di fare breccia nell’Amministrazione almeno per l’immagine turistica

«Noi ci battiamo quotidianamente per migliorare le condizioni di vita di tanti animali ma non è sufficiente – si lamentano – L’argomento va trattato nelle sedi istituzionali, dandogli il valore che merita, cominciando anche con la formazione di chi deve vigilare. Noi volontari ci mettiamo tutti noi stessi ma non basta».

Gli utenti hanno fatto sentire la loro voce, dicendosi completamente d’accordo sul quadro descritto dall’Enpa e raccontando le loro storie personali: Michela scrive per esempio che «i gatti li tengono liberi con la scusa che tengono a bada i topi. Molto spesso non vengono neanche vaccinati o testati e ciò porta alla diffusione di virus e malattie feline».

Sempre Michela prosegue: «Cani tenuti in gabbia 24h da cacciatori che a malapena li considerano esseri viventi. Molto spesso vengono lasciati in mezzo ai boschi perché i collari gps si scaricano o perché proseguono appresso agli animali selvatici. Va fatta formazione sulla corretta gestione di cani e gatti, a partire dalle linee guida vaccinali da seguire etc…» conclude, invitando a «denunciare, denunciare, denunciare».

Ines lancia l’appello «ad aiutare le associazioni perché da sole non ce la possono fare» aggiungendo che «un Paese civile si vede da come tratta i suoi animali» e molti altri invocano leggi che puniscano maltrattamenti e comportamenti non idonei al benessere dell’animale in maniera molto più severa di quello che fanno.

 

Ma le leggi ci sono, quello che sembra mancare è più una maggiore attenzione e sensibilità. I cani vaganti, per esempio, sono dei Sindaci che significa che i sindaci, come ufficiali sanitari, hanno l’obbligo di far applicare la normativa: un principio che se preso alla lettera, troppo spesso si risolve nel farli catturare e rinchiuderli in un canile.

Ma questa è un'operazione che porta solo due pessime conseguenze immediate: crea costi che gravano sui bilanci comunali e creano soprattutto sofferenza agli animali, che spesso non usciranno più da quelle gabbie. Basterebbe guardare quelle pubbliche amministrazioni che cercano soluzioni diverse, per esempio sterilizzando o aumentando i controlli e le sanzioni, e che anziché spendere per dare ai cani poco o niente, usano l’arma più importante: l’educazione.

Probabilmente, se invece di colpire chi gli animali li vuole aiutare, si colpisse chi ha animali e non li registra in anagrafe, chi li fa vagare senza essere sterilizzati, chi lucra sulle cucciolate casalinghe e sulle adozioni del cuore, si potrebbe avere la speranza di cambiare le cose.